Bravo cane
Da tanto non scrivevo nel “diario di bordo”e per i motivi più svariati ma di certo non perché non avessi niente da raccontare, sono anche stata via in barca e avrei potuto deliziarvi di racconti. Ma sentivo le parole un po’ bloccate a metà esofago, parole dalle quali ho cercato di scappare ma che in qualche modo devo far uscire.
Il 9 settembre un cucciolone del quale ero molto innamorata ci è stato strappato da una malattia fulminante lasciando un vuoto nel cuore di tutti quelli che l’hanno conosciuto. Chi non ha un animale non sa di cosa stia parlando e quindi suggerisco di passare oltre. Chi ama un peloso, come li chiama la Gipsy in the Kitchen, capirà ogni parola.
Io ed il pelosone ci siamo conosciuti faccia a muso verso febbraio di quest’anno, prima erano chiamate, video chiamate e qualche regalo che gli spedivo per corrompere il suo cuore. In seguito ho scoperto che nel suo cuore, un grande cuore, c’era posto per tutti. Io credo avesse riconosciuto la mia voce perché un’accoglienza così era impensabile ad un primo incontro: salti, baci e abbracci e scarpe che sparivano di continuo. Mi conosceva con il nome di Selvaggia e con quel nome mi presentai. Lui era diverso da tutti i componenti della famiglia, lui era espansivo, casinaro, affettuoso, lui era un vulcano ma anche un dormitore da competizione. Lui andava in giro in vespa e al parco i bambini lo accerchiavano per accarezzarlo. Lui era quello che mi faceva più festa, che si metteva in piedi sul balcone e si tuffava poi giù dalle scale per venirmi in contro. Lui era quello che negli umani definiamo solare. Infatti quando ci ha lasciati, mi ci metto anche io, è diventato tutto buio. La malattia in dieci giorni l’ha consumato ed ha portato via, non solo un compagno di vita, ma anche un vicino di casa, un amico, un complice, bellezza e dolcezza. Ha lasciato un vuoto davvero grande, come grande era lui, non di età ma di dimensione, di carattere, di cuore, di bravura.
Vuoto che ho toccato con mano, dolore che ho respirato quando sono tornata e lui non era più lì ad aspettarmi. Ho pianto nel tragitto da sola in macchina, avevo paura, non sapevo cosa dire. Purtroppo ho fatto finta di niente, tutti facevano finta di niente, tutti rispettavano in silenzio il dolore di tutti senza proferire parola, facendo attenzione a non nominarlo.
Solo Marisa l’ultima volta che sono stata lì per la raccolta delle olive, giornata di festa che richiama amici e parenti, quando tutti sono usciti mi ha detto: “oggi ci siamo davvero tutti! Manca solo Ettore!”
E sempre mancherai.
NB le persone a cui faccio riferimento, non solo in questo ma in tutti i miei scritti, non si aspettano nessun messaggio da parte vostra. Leggere racconti di vita non vuol dire far parte di quella vita. Potete commentare, criticare, giudicare se ne avete voglia, ma solo qui, con me.
Ecco svelato un altro motivo che mi bloccava.
GRAZIE
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