Eh?!
Abbiamo poco più di venti lettere per riuscire a dire tutto ciò che vogliamo e sentiamo, non sono poi tante. Per quanto riesca abbastanza facilmente a scrivere, e non faccio correzioni, a volte mi accorgo che faccio fatica a parlare. Il tempo dello scrivere è dalla mia parte, mentre digito la parola penso già alla successiva e come una collana di perline riesco a scegliere che colore mettere vicino ad un altro, riesco a vedere il
risultato finale. Quando parlo sono troppo istintiva, precipitosa, imbarazzata, e inciampo. Forse anche questa pandemia mi ha fatto un po’ perdere il piacere del dialogo faccia a faccia, o forse osservare i miei interlocutori, le loro espressioni, posizioni, gesti mi distrae da quello che vorrei dire. Sono davvero un po’ singolare, e mi piace molto questa cosa. Sono affascinata dalle lettere, dai disegni che compongono e spesso gioco con loro come un bambino nella pista di biglie.
Sono stata sposata con una F e credevo fosse la perfezione. Io E, lui F, due lettere vicine. Poi è arrivata una D e la mia lettera è tornata ad essere “e”, coniugazione semplice. Per questo scherzo che il mio cervello ha creato 9 anni fa, la rassegnazione alla solitudine era stata abbracciata come una causa, non avrei mai trovato la mia lettera. Poi sei arrivato tu, e tra una C e una G, la mia insperata H si è presentata come una scala. Una scala salda, di legno massiccio pronta a risollevarmi dalle macerie del mio cuore.
Quando ti ho raccontato questa mia teoria mi hai guardata come un cervo abbagliato dai fari. Poi ti sei dondolato nell’amaca e ho visto che già ci stavi credendo anche tu.
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