14 giugno


Quando non hai le forze di nuotare e hai paura di affogare, ti appoggi ai ricordi, a quegli scogli che riemergono dall'acqua un po' scivolosi e pungenti, ma che in quel momento sono il tuo unico appiglio.

-Novembre-
Avevi il mio numero da più di un mese ma ti decidesti  a scrivermi un freddo e assolato sabato mattina in cui, guarda caso, sarei andata a pranzo con un altro. “
-Questo è un segno, pensai- ma  andai comunque al pranzo. 
Ero in cucina e mi appoggiai  al tavolo incredula per quella puntualità lacerante. 
Cercavi delle risposte, cercavi parole che quella mattina ti sfuggivano e le chiedevi a me; ti eri accorto, leggendomi con attenzione, che tra una parola che scrivevo e l'altra,  ce ne erano nascoste almeno tre.  
Così un sabato bussasti  e ti fermasti  con eleganza sulla porta, poi con meno eleganza io ti presi per un braccio e ti portai dentro, dentro il mio casino, dentro il mio cuore incerottato, dentro la mia strana testa, dentro la mia zona di confort che quando non ci sei è uno sconfort. 

Da giorni  sono intrappolata in questa zona  e nonostante tu abbia le chiavi, le password, e conosca tutti i passaggi segreti per entrarci, tu non ci sei. 
Questa settimana infatti tutto ci separa, i chilometri, il tempo e le nostre teste. Ma oggi ho riflettuto più del solito ed ho deciso di riempire questa distanza, questo spazio; ci metto dei fiori, tutti quelli che ci siamo scambiati in questi mesi, ci metto la vespa, il mare, il profumo al sale, i sorrisi, le sculacciate, la rampa, il cinema, il gin, ed ecco che dallo scoglio parte un ponte che mi porta da te. 
Non bisogna usare le teste per distruggere, per prendere scorciatoie del silenzio e delle posizioni statiche, bisogna costruire ponti e grandi desideri. 
Oggi ho trovato questo grande  soffione, è per te. 









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